#25 gennaio la parola ROBOT compie 100 anni. Prima si chiamavano automi. Deriva dal termine ceco Robota, “lavoro pesante”. Era nel dramma fantascientifico messo in scena a Praga da Karel Čapek il 25 gennaio 1921, prima delle tante storie dove il rapporto macchine e uomini finisce in tragedia. Nel frattempo computer e robot hanno invaso il mondo e promettono di invaderlo ancora di più con droni e altre fantasticherie. Oggi non sono i robot umanoidi di Čapek e neppure i robot “positronici” immaginati da Isaac Asimov, sono un prodotto reale della miniaturizzazione dei computer. Ma la domanda è sempre la stessa di 100 anni fa, anzi è più antica: un giorno le macchine oltre all’intelligenza artificiale avranno anche un ‘anima ? È un tema che si trova in Volta e l’anima dei robot, terzo volume della collana Lampi di genio, uscito poco dopo il Bicentenario della Pila e ben documentato grazie alla frequentazione del Centro di Cultura Scientifica Alessandro Volta di Como.
Si scopre che tra i fisici del suo tempo era ben diffusa l’idea che l’elettricità potesse dar vita alla materia morta. Non mancavano gli esperimenti per dimostrarlo. Anche Frankenstein di Mary Shelley sarà un frutto di questa idea.
Volta e l’anima dei robot è uno dei titoli della collana più tradotti in altre lingue. Archiviato con le banconote da diecimila lire oggi forse il nome di Alessandro Volta è più popolare all’estero che da noi.
Non era la prima volta che parlavo di ROBOT. Alla fine degli anni ottanta avevo scritto per Mondadori Le Macchine Pensanti. Più recente è Ciao sono Robot (Valentina Edizioni e Premio Rodari), dove si scopre che il primo costruttore di robot programmabili è stato un ingegnere arabo, anzi curdo di 800 anni fa. Viva i ROBOT, fino a quando sono dalla nostra parte e i lampi di genio li abbiamo solo noi.
Della serie Lampi di Genio compie 20 anni.
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